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Come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica 09 Giu 2018

Come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica?

Mi sono già occupato del tema, provando a vedere cosa accade in un adolescente e nella sua famiglia quando vengono messi davanti ad un evento significativo come una bocciatura.

Qui vedremo come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica.

Domandiamoci, innanzitutto cosa significa affrontare psicologicamente una bocciatura.

In breve, direi che significa “reggere il colpo”.

Questa è la questione centrale. L’adolescente in questione, bocciato, quanto è in grado di sopportare la situazione?

 

Perché preoccuparsi?

Di certo la bocciatura non è un evento emotivamente indifferente.

I genitori (la madre in modo particolare, solitamente) si agitano, l’adolescente è a sua volta turbato.

Cosa c’è nella bocciatura che fa preoccupare così tanto?

È utile fermarsi e chiederselo.

Di che cosa ci si preoccupa, quando ci si preoccupa per la bocciatura?

 

Emozioni

Innanzitutto bisogna dire che la preoccupazione ha almeno una caratteristica positiva: permette, o meglio, obbliga ad occuparsi del problema-bocciatura.

Anche quando i genitori sono furibondi non sono liberi dalla preoccupazione: hanno a cuore il benessere del figlio.

La preoccupazione è alimentata dalle forti emozioni scatenate dalla bocciatura, proprio come la rabbia.

“Come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica” vuol dire innanzitutto “come affrontare le emozioni legate alla bocciatura“.

Queste emozioni si impongono, sgradite, sia ai genitori che all’adolescente, anche se in modi diversi.

Vale la pena di spendere alcune parole su due emozioni particolarmente significative: vergogna e rabbia.

 

Vergogna

La vergogna è un’emozione centrale nella vita dell’adolescente.

Basti pensare a quanto l’adolescente abbia bisogno di essere uguale ai coetanei ed unico allo stesso tempo.

Contraddizione? Certo. Non è la prima né l’ultima delle contraddizioni dell’adolescente (è piccolo o grande? dipendente o indipendente? mammone o autonomo?).

L’adolescente si vergogna se si sente troppo diverso dagli altri, che sono un modello sicuro di “come bisogna essere”. Si vergogna anche, però, se non si sente sufficientemente unico, insostituibile, eccezionale.

Questi sentimenti di vergogna sono intimamente legati alla crescita. Il compito principale dell’adolescenza è crescere, missione fondamentale che fa da sfondo a buona parte delle attività dell’adolescente.

Il successo a scuola è una misura, per l’adolescente, di quanto sia capace, bravo, grande, capace di crescere.

Un fallimento a scuola è sempre legato ad una grande vergogna, anche quando viene affrontato con falsa tracotanza (o, nelle parole del genitore esasperato: insopportabile strafottenza).

 

Nel caso della bocciatura, anche i genitori vengono assaliti da sentimenti venati di vergogna, spesso.

Il figlio ha fatto male, ha reso poco, meno degli altri, meno delle aspettative.

I genitori se ne dispiacciano, spesso: non amano ammettere che avrebbero preferito evitarsi questo dispiacere. Si di spiacciono di quello che percepiscono come egoismo nei confronti del figlio.

Eppure è normale: mamma e papà hanno speranze ed aspettative sin da quando concepiscono l’idea di fare un figlio. La presenza del dispiacere di essere delusi dal ragazzo è una cosa positiva: tengono a lui nonostante possa fare delle cose che fanno star male, come essere bocciato.

Altra contraddizione? Parziale: il figlio è più importante dei voti… anche se la scuola è importante!

 

Rabbia

Figlia della frustrazione che esplode col fallimento.

L’adolescente bocciato è arrabbiato con sé stesso. È una naturale conseguenza della vergogna. Vorrebbe non essere così. Vorrebbe essere sicuro di sé, sicuramente capace di essere adulto.

L’adolescente bocciato è arrabbiato anche con i suoi genitori: li avverte distanti, quando viene rimproverato si offende. Figlio e genitori non si capiscono. Il ragazzo, che, lui per primo, si sente di averla fatta grossa, si sente doppiamente sotto accusa: da se stesso e dai genitori.

I genitori tentano di capire cosa è successo e anche di aiutare il figlio a fare meglio in futuro: intenzione che viene spesso fraintesa, dall’adolescente, come se i genitori fossero capaci solo di pensare a se stessi e ai voti.

 

I genitori, comunque, hanno un compito delicato: riuscire a sopportare l’onda rabbiosa dell’adolescente ed ascoltarlo.

Spesso si sentono accusati dal figlio. La beffa! Se proprio dobbiamo dirla tutta sarebbe il ragazzo a meritare una raddrizzata!

Questo desiderio di far sì che l’adolescente riesca a fare il meglio per il proprio futuro, solitamente è presente e preme con forza.

“Come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica?

Dicendogliene tante, così che gli entri qualcosa in testa.”

La rabbia dell’adolescente e dei suoi genitori non è un prodotto di scarto, una cosa inutile che sarebbe meglio non ci fosse.

La rabbia esprime il desiderio che qualcosa cambi... anche se lo fa in un modo radicale e poco realistico.

La presenza della rabbia sottolinea l’esasperazione di chi la prova:

“Come vorrei che mio figlio capisse che deve studiare per il proprio futuro! È per lui!”

“Come vorrei che i miei genitori mi lasciassero in pace (se proprio non mi possono dare una mano a leccarmi le ferite”.

 

Se si vuole, è un ottimo punto di partenza.

Una volta sbollita, permette di fare mente locale su quello che è andato storto, quello che si desidera, quello che ci si aspetta gli uni dagli altri e correggere il tiro.

La rabbia può aprire al dialogo.

 

Il dialogo

È vero anche che queste emozioni si presentano spesso in un modo tanto forte da impedire il dialogo.

Con questo non intendo parlare di un dialogo astratto, solo razionale, fra genitori e figli. Non ci immaginiamo necessariamente di vedere una famiglia riunita a discutere attorno ad un tavolo. Questo molto spesso non accade nemmeno nelle situazioni migliori.

Il dialogo può essere spezzettato, aperto e chiuso, fatto di rapidi scambi fra i genitori, fra un genitore e il figlio, tutti insieme.

Il dialogo è soprattutto qualcosa che esiste nella mente dei membri della famiglia: è la possibilità di capire l’altro e di intendere le sue ragioni.

La presenza di questo tipo di dialogo è una delle spie importanti per capire del tipo di bocciatura abbiamo davanti.

 

Che tipo di bocciatura?

Abbiamo visto che le forti emozioni che caratterizzano ogni bocciatura possono sia favorire che sfavorire il dialogo.

Questo è essenziale. La presenza del dialogo rappresenta la capacità di sopportare e gestire queste emozioni.

Vi ricordate quando all’inizio dicevamo che “Come affrontare psicologicamente una bocciatura scolastica” significa reggere il colpo?

Ecco, è proprio questo che intendevo: l’adolescente e la sua famiglia quanto sono in grado di gestire queste emozioni?

Le strade possibili, semplificando sono due:

  • Bocciatura come situazione difficile.
  • Bocciatura come situazione problematica

 

Bocciatura come situazione difficile

In questo caso, la percezione è che qualcosa sia andato storto.

Può essere intervenuto un cambiamento. Scuola nuova, professori nuovi, cambio dei compagni.

Può essere successo qualcosa di importante nella vita dell’adolescente, al di fuori della scuola. Un lutto, ma anche un amore.

Qualcosa l’ha messo in discussione, e non è andata a finire bene. Non aveva testa per la scuola, non riusciva a studiare.

Certo, la bocciatura rappresenta un momento di sofferenza.

Quello che fa la differenza è soprattutto quello che avviene dopo.

Si litiga un po’ in famiglia, il ragazzo se ne sta sulle sue, però ad un certo punto le cose iniziano a cambiare.

L’adolescente si sente perdonato.

L’errore non l’ha schiacciato, si può ancora fare bene. Impara dai suoi errori e le cose, con alti e bassi, iniziano a migliorare.

Il dialogo è stato difficile, ma non si è mai interrotto sul serio.

 

Bocciatura come situazione problematica

In questo caso, invece, il dialogo è messo seriamente in crisi.

È l’adolescente stesso che si mette nelle condizioni di evitarlo il più possibile.

Perché dovrebbe farlo? Perché non ce la fa. La bocciatura è vissuta come una sentenza: non ce la puoi fare, ecco le prove.

Se l’atteggiamento è provocatorio, serve solo da (inconsapevole) copertura: “non è vero che non ho speranze, guarda come sono grande, invece”.

L’idea è spaventosa, meglio non pensarci. “L’anno prossimo andrà meglio”.

E poi non è così. La situazione non cambia, il rendimento scarso o peggiore.

I genitori, che vorrebbero farci qualcosa, sono tenuti alla larga. Sono avvertiti anche loro come una minaccia.

Il ragazzo ha i nervi a fior di pelle: tutto quello che loro dicono viene inteso come un’accusa e una sottolineatura della sua inettitudine. L’adolescente vuole stare da solo, gestire da sé la cosa.

I genitori sono solitamente confusi. Non c’è nessun evento, nessuna idea che giustifichi pienamente quello che sta succedendo.

La maggior parte del problema si svolge all’interno dell’adolescente stesso: qualcosa, dentro di lui, lo fa sentire inadeguato davanti al compito della crescita. Insomma, sta male.

 

Cosa fare?

Nel mio studio o via Skype, vedo genitori che hanno bisogno di chiarirsi le idee sul tipo di bocciatura che stanno affrontando col figlio.

Ovviamente non ci pongono la questione in questi termini: sono preoccupati che loro figlio stia male, sia in difficoltà.

Allora si lavora assieme per capire con che tipo di situazione si ha a che fare, e si valuta se le risorse dell’adolescente in questo momento possano essere sufficienti a lasciarlo crescere in modo ragionevolmente sereno, oppure se c’è qualcosa di più e che va affrontato, proprio allo scopo di rimetterlo nelle condizioni di crescere.

La cosa più importante, in queste situazioni così intense, è restituire alla famiglia gli strumenti per occuparsi delle naturali difficoltà che può incontrare. La bocciatura, evento che genera tanta sofferenza, dopo un intervento psicoterapeutico può diventare un’occasione in cui trovare nuove risorse.

 

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Dott. Matteo Albertinelli

Psicologo e Psicoterapeuta, con passione. La cosa più importante di questo lavoro è sviluppare la capacità di mettersi nei panni di un'altra persona per riuscire ad occuparsene al meglio.

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