Figlio bocciato: come comportarsi

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Figlio bocciato: come comportarsi?

Fine dell’anno: figlio bocciato. Le reazioni e i pensieri davanti all’evento sono tanti e diversi quanti sono i bocciati e quanti sono i genitori.

Esistono però delle situazioni tipiche che possono essere d’aiuto nel capire cosa accade nella mente del figlio con la bocciatura.

Tre situazioni tipiche

Una di queste riguarda i ragazzi che sembrano non dare molto peso alla scuola.

Dice la mamma al figlio: “Studia! È quello il tuo compito!”

Risponde lui: “Lasciami stare, vuol dire l’anno prossimo vado a lavorare!”

… e l’anno dopo, stessa storia.

Come si può chiamare questo comportamento? “Spavaldo”? Noncuranza, disinteresse di fronte allo studio, atteggiamento provocatorio con i genitori e da capetto con i coetanei…

…ma questa noncuranza è reale? Davvero non gli importa?

Altri ragazzi hanno un atteggiamento simile, ma più cupo:

Francesco è arrabbiato, dopo la notizia della bocciatura. Incolpa un’ingiustizia, si lamenta di essere stato preso di mira da qualche professore.

Arrabbiato, la colpa è degli altri, soprattutto di chi non lo capisce.

In questo caso si riconosce un sentimento: la rabbia.

Ma cos’è ad accenderla? Perché ha bisogno di dire “è colpa sua… e non mia”?

Meno diffusa, ma molto significativa, una terza situazione:

Angelo è mortificato per la bocciatura. Esce di meno con gli amici. A casa non parla.

All’inizio dell’anno scolastico affronta la nuova classe con un senso di vergogna.

Si sente molto fuori posto.

Incredulo, triste, spesso lamenta malessere fisico (mal di testa, mal di collo, sensazione di stanchezza). Anche qui, possono diventare frequenti arrabbiature e litigate.

In alcuni casi, il ragazzo può arrivare a desiderare di non andare più a scuola e desiderare di stare, sempre di più, a casa (ne ho scritto qui).

Il caso del figlio che è triste per la bocciatura non è necessariamente il più facile da avvicinare, in un primo momento, ma è sicuramente quello in cui viene messo più a nudo quello che succede all’interno del ragazzo.

I sentimenti che si accompagnano alla bocciatura

Cosa accomuna queste tre situazioni?

In realtà abbiamo iniziato a rispondere affrontando il tema della tristezza.

È utile guardare sempre ad una bocciatura  come ad un evento che viene avvertito con dispiacere. Questo dispiacere può stare ad indicare, ad esempio, un sentimento di colpa (es: “ho deluso chi mi sta intorno“) o di vergogna (es: “sono una persona radicalmente incapace“).

Questa sensazione di dispiacere può andare incontro a diversi destini:

L’adolescente può prenderlo di petto:

  • dispiacere che si trasforma in una tristezza immediatamente riconoscibile come tale: in questo caso, il dispiacere è riconosciuto dal ragazzo che lo prova come qualcosa che lo riguarda. La ferita può essere più o meno profonda. In questo caso diventa utile chiedersi: questa tristezza è paralizzante? È tollerabile per lui? Può essere usata come spunto per la sua maturazione?

In altri casi, il dispiacere viene rifiutato (in modo automatico e inconsapevole), allo scopo di liberarsi di qualcosa di doloroso:

  • dispiacere che si trasforma in rabbia: dal punto di vista dell’adolescente, la fonte del dispiacere non è lui, ma qualcun altro.
  • manifestazione di spavalderia, indifferenza, spacconaggine, provocatorietà che mettono un muro davanti alla possibilità di provare il dispiacere. Il dispiacere è escluso dai giochi; semplicemente non gli è concesso di comparire.

Si potrebbe dire che queste ultime due situazioni sono migliori, da un certo punto di vista: il ragazzo non soffre.

A che prezzo, però?

Una prima conseguenza è che un genitore tenderà ad arrabbiarsi molto di più con il figlio, se lo trova indifferente. Questo rischia di complicare le cose.

Arriva la bocciatura, tutti si arrabbiano, il figlio sta male e non è possibile provare a capire cosa abbia portato fino a lì perché nessuno riesce a pensarci lucidamente.

Il rischio principale delle situazioni in cui l’adolescente cerca inconsapevolmente dei modi per risparmiarsi una sofferenza è che il dolore viene fatto uscire dalla finestra e la situazione si congela: ci si arrabbia, si litiga, ci si insulta, magari, senza che sia possibile capire cosa sia andato storto.

E, se il futuro della famiglia offre qualche altra difficoltà, il rischio è di trovarsi daccapo, davanti ad una sofferenza che non si può esprimere o risolvere, ma solo tentare di cacciare via.

Come comportarsi? Gli aspetti psicologici

Nella maggior parte dei casi, la difficile esperienza della bocciatura viene superata, e archiviata come “incidente di percorso“, un inciampo nella vita di una persona che viene percepita come globalmente capace. Questo ragazzo viene visto dalla famiglia come una persona che può sbagliare e rimettersi successivamente in carreggiata.

La cosa più importante è che, proprio con l’aiuto della famiglia, è l’adolescente stesso ad essere in grado di accettare le proprie difficoltà, sopportarne il peso e magari superarle.

Ci sono delle situazioni, invece, in cui la bocciatura assume un valore soggettivo molto grande per l’adolescente, per la sua famiglia o entrambi. Diventa un dramma, più o meno grande, più o meno esplosivo: diventa la testimonianza di un fallimento, o, peggio, la testimonianza di quello che sembra essere un inevitabile destino di fallimenti.

Quello che distingue il caso “incidente di percorso” dal caso “dramma” è, essenzialmente, la capacità di assimilare l’episodio.

Quando un figlio bocciato diventa l’occasione per domandarsi: “come mai è stato bocciato? Cosa si può fare? Come sta?” è più facile che anche un’esperienza spiacevole come la bocciatura diventi una risorsa per tutti.

Senza falsi buonismi: prendere “solo il buono” di una bocciatura non è ne verosimile né utile. È un’esperienza di sconfitta, percepita come tale dall’adolescente e dalla sua famiglia, ma l’aspetto principale è la sensazione condivisa che da quell’errore (come da altri davanti a cui può mettere la vita) ci si può riprendere. Resta da rimboccarsi le maniche.

Quando la bocciatura nasconde qualcosa di troppo difficile da sopportare per figlio o per i genitori o per tutta la famiglia, può emergere la tendenza a tentare di liberarsi urgentemente del grosso dispiacere che essa porta con sé, tentando di risolvere la situazione con decisioni affrettate e affermazioni emotivamente cariche.

In molti casi la bocciatura diventa intollerabile per quei ragazzi che soffrono di una condizione di bassa autostima, che può essere tutto fuorché evidente fino a che un evento doloroso come la bocciatura non la fa “esplodere”. Una bocciatura può diventare un grosso colpo per lui, come se qualcuno gli dicesse che è un fallimento come persona.

Che dire ai genitori?

Abbiamo visto che la bocciatura comporta sempre una situazione di sofferenza per il ragazzo: non posso che suggerire che i genitori si astengano dalle colpevolizzazioni.

Questo non significa concedere ai propri figli di fare tutto: significa non mortificarli.

Questo può essere molto difficile: la frustrazione, le aspettative, l’affetto per il figlio, il desiderio di spronarlo a cambiare possono spingere a dire cose come “Mi hai deluso“.

Questo ha un effetto molto forte su un adolescente, che viene investito dal dolore e la rabbia del genitore e se ne sente responsabile.

(E l’impatto può essere così forte  da peggiorare il suo atteggiamento arrogante, farlo ritirare interrompendo il dialogo con i genitori, farlo sentire umiliato.)

Il motivo principale per astenersi da questo atteggiamento è che il figlio sta già affrontando un’esperienza mortificante, anche se non lo dà a vedere, e se sente di “deludere” i genitori dovrà farsi carico anche dei loro, comprensibili, sentimenti… questo, solitamente, è impossibile: è un ragazzo e i genitori sono un punto di riferimento e una fonte di sostegno. Anche se non lo dà a vedere.

La cosa peggiore è che, così, la situazione, di fatto, non varia: il figlio sta male, i genitori stanno male. Spesso risentono dell’atmosfera anche i fratelli, quando ci sono.

(Quest’ultima è una lettura “da psicologi”: nessun genitore viene a chiedere aiuto perché c’è una situazione che si blocca. I genitori si preoccupano di capire se il figlio sta male, o di riuscire a smuoverlo perché lo vedono apatico. Come psicologo vedo che i genitori arrivano a parlarne solo dopo che sono stati fatti dei tentativi di aggiustare la situazione… e hanno fatto un buco nell’acqua o la situazione si è estremizzata ancora di più.)

Aggiungiamo un’ulteriore riflessione: le cose si complicano.

Anche l’opposto della colpevolizzazione va evitato. I “Non ti preoccupare” non sortiranno un grande effetto, semplicemente perché il ragazzo è già preoccupato: la scuola è una delle dimensioni fondamentali della sua vita, e in questo momento la scuola gli ha detto un grande “no”.

Il problema  non è tanto sfogarsi (e arrabbiarsi) o consolarsi (e aspettarsi che le cose cambino da sé), ma pensare:

  • Una bocciatura testimonia che qualcosa non è andato per il verso giusto: che cosa?
  • Una bocciatura comporta sempre del dispiacere: come lo sta affrontando il figlio? E il genitore? E la famiglia riesce a comunicare?
  • Qual è il modo più efficace per ridurre il dispiacere e fare in modo che le cose la prossima volta vadano diversamente?

…. in astratto. Poi, in base al caso specifico, le domande diventano:

  • Perché il ragazzo non ha studiato?
  • Perché ha passato tutti i pomeriggi fuori?
  • Perché va male anche se studia?
  • Perché non mi ascolta?
  • Non studia per provocarmi?
  • È efficace obbligarlo?
  • È efficace punirlo se fa qualcosa che non voglio faccia?

ma anche:

  • Ci tiene allo studio?
  • Come mai ci tiene/non ci tiene?
  • Noi genitori ci teniamo allo studio? Entrambi?
  • E se noi vorremmo tanto lui studiasse, come mai lui non vuole/a lui non riesce?
  • Sono argomenti su cui ci si intende o su cui si litiga? Perché?

La bocciatura rischia di diventare un giudizio sulla persona del ragazzo. Bisogna tenere a mente che questo giudizio arriva in una fase della sua vita in cui il giudizio degli altri è molto importante.

Da questo punto di vista, la bocciatura può diventare molto importante capire quanto sia tollerabile per lui un giudizio negativo.

Come comportarsi? Gli aspetti concreti.

Sulla base di tutte queste considerazioni diventa possibile capire quale corso d’azione sia il migliore per la famiglia che affronta l’esperienza della bocciatura.

Decidere se e quando cambiare scuola, lasciare la scuola, recuperare l’anno, indirizzare alle scuole serali,  etc. può essere utile come perfettamente dannoso.

È dannoso quando questi provvedimenti diventano un modo per liberarsi del dispiacere associato alla situazione, e provare ad esorcizzarlo. Questo è dannoso soprattutto perché solitamente non permette di modificare la situazione in un modo da eliminarne le difficoltà in un modo significativo.

È necessario invece che queste proposte siano l’espressione di un progetto relativo al futuro del figlio, la concretizzazione di un pensiero relativo a quello che si desidera per lui, quello che lui desidera e quello che è possibile concretamente fare.

Ho già detto che è necessario pensare -e digerire- una situazione del genere attraverso lo sforzo di sopportare l’inevitabile dispiacere che vi si associa e sviluppando invece dei pensieri attorno ad essa, pensieri che aiutino a comprendere quale azione è migliore di un’altra rispetto ad uno scopo.

È utile quindi parlare con i docenti, che hanno visto un aspetti del figlio che possono essere evidenti a scuola, e meno a casa. Gli insegnanti, inoltre, possono fornire un racconto sulle motivazioni del fallimento scolastico del figlio che può essere di grande aiuto per comprenderne atteggiamenti e motivazioni.

(Parlare con i docenti degli adolescenti che seguo come pazienti può essere una parte importante di alcuni trattamenti. Non solo gli insegnanti possono beneficiare personalmente dall’essere messi nelle condizioni di capire meglio cosa stia accadendo ad un loro allievo ma, soprattutto, questo facilita molto i loro rapporti con l’allievo, con effetti positivi sulla sua vita e carriera scolastica).

È utile, quando la situazione non dà segni di risolversi facilmente, parlare con uno psicologo.

Perché e quando parlare con uno psicologo

Abbiamo visto che la bocciatura è un evento emotivamente molto carico, in primis per l’adolescente .

Partendo dall’assunto che non tutte le situazioni emotivamente cariche necessitano di un’indagine psicologica, va però detto che quando

  • una situazione di crisi si prolunga per un tempo soggettivamente avvertito come eccessivo
  • tende a non cambiare nonostante tentativi e tempo che passa
  • è soggettivamente avvertita come eccessivamente dolorosa

è utile rivolgersi ad un esperto allo scopo di capire in se l’adolescente non stia vivendo una situazione di sofferenza che non riesce a gestire.

L’obiettivo principale della consulenza psicologica, in un caso del genere, è proprio determinare se per un ragazzo e i suoi genitori  sia possibile affrontare una situazione di crisi oppure se ci sia il rischio di soffrire inutilmente.

Si soffre perché ogni situazione di crisi prevede una sorta di resa dei conti con l’immagine che si ha del proprio figlio e di sé come genitore.

Si soffre anche perché le strategie inconsapevoli impiegate per trovare una soluzione possono mettere in circolo un carico straordinario di vergogna, colpa, rabbia, disprezzo, rivendicatività, desiderio che le cose cambino da sé e i problemi scompaiano, fretta…

A volte queste situazioni vanno prese in cura sul versante psicologico a causa di una particolare sensibilità del ragazzo,  per delle difficoltà specifiche, perché non sente che le richieste che gli sono state poste possono essere soddisfatte. A volte ci si mettono di mezzo delle situazioni di vita particolari, che non si immaginava potessero avere l’effetto che poi hanno (lutti improvvisi, separazione, adozioni complicate).

Tutti queste situazioni rendono più difficile il riuscire ad assimilare l’accaduto e trasformarlo da fonte di malessere in occasione di crescita. È in quest’area che agisce lo psicologo.

Le difficoltà possono diventare occasione per unire e rafforzare una famiglia, e un’importante occasione per aiutare un ragazzo nel suo compito principale: la crescita.