Mamma esaurita: sintomi

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Mamma esaurita: i sintomi quali sono?

Se si fa una ricerca su internet legata alle fatiche della maternità, alla sensazione di esaurimento nervoso, stanchezza o rabbia delle madri, molti dei risultati parlano di burnout.

Di burnout materno o genitoriale, nello specifico.

[Qui mi concentro sul burnout delle mamme, da un lato perché solitamente sono le persone più esposte alle dinamiche descritte, ma anche allo scopo di concentrarmi su alcuni degli aspetti specifici che riguardano la maternità].

Non sempre chi fa questo genere di ricerca ha delle caratteristiche perfettamente sovrapponibili a quelle vero e proprio burnout, ma si tratta di un concetto piuttosto utile da usare come punto di partenza.

Qui però va anche fatto il primo chiarimento: il punto non deve essere quello di capire se si tratta di vero e proprio burnout o qualcosa di meno grave (o anche di più grave). L’obiettivo finale del tentativo di comprendere la propria situazione di difficoltà è utile che diventi l’apparentemente banale domanda: “Cosa posso fare per stare meglio?”-“Cosa posso fare per migliorare la mia condizione?“.

I vantaggi dell’iniziare questo autoesplorazione pensando in termini di burnout stanno, ad esempio, nel fatto che il concetto di burnout condensa in un unico termine il riferimento a fattori scatenanti contemporaneamente esterni ed interni.
Concentra in un’unica unità l’idea di situazione stressante, la sensazione soggettiva di esaurimento e la riflessione sulle conseguenze di questa condizione.

(Il concetto di sindrome da burnout, difatti, nasce per definire quelle situazioni in cui caratteristiche stressanti del contesto lavorativo si intrecciano male con alcune caratteristiche di personalità di chi lavora in quel contesto. Ad esempio, una persona caratterizzata da perfezionismo rischia di essere particolarmente poco compatibile con ambienti di lavoro in cui il carico di lavoro è eccessivo perché può essere portata ad attribuirsi la responsabilità di fallimenti inevitabili. Di conseguenza, questa persona, può non solo stare male, ma può essere anche così in difficoltà da arrivare a valutare di rinunciare ad un lavoro che la fa stare così male).

Mamma esaurita: difficoltà normali e burnout

Ogni mamma ha moltissimi motivi per sentirsi stanca, per ragioni diverse, nelle diverse fasi di crescita dei figli. Questi motivi “oggettivi” possono portarla paradossalmente a non prestare sufficiente attenzione a segnali di stanchezza soggettiva.

Cioè, se si pensa di essere troppo impegnate per fermarsi si rischia di non accorgersi di essere arrivate al limite, di non accorgersi del fatto che si è accesa la minacciosa spia gialla che segnala problemi al motore. Quella che indica, insomma, che l’unica cosa prudente da fare è fermarsi.

Insomma, se ogni mamma dovesse allarmarsi per cose come la stanchezza prolungata, il sonno disturbato, periodi di ansia protratta o quando si accorge di essere particolarmente irritabile quasi tutte le madri dovrebbero pensare al burnout. Invece non è così.

La differenza la fanno i segnali che indicano una difficoltà a recuperare le energie spese.

Per capirsi, sintomi fisici come stanchezza, sensazione di essere usurate, una maggiore fragilità psicosomatica che si evidenzia in una maggiore facilità ad ammalarsi e nella comparsa di dolori, ma anche manifestazioni come una minore disponibilità emotiva nei confronti del figlio, dubbi sulle proprie scelte di vita e rimpianti o irritabilità non sono di per sé sintomi di esaurimento materno.

Presi singolarmente, anzi, sono normali esperienze di maternità anche se bisogna dire che si tratta di aspetti della maternità di cui ancora si stenta a parlare apertamente, nonostante la maggiore sensibilità psicologica diffusa oggi nella nostra fetta di mondo.

Parlarne è importante perché solo quando le difficoltà, anche quelle normali, vengono riconosciute allora si possono ottenere le cure e attenzioni opportune al benessere di tutta la famiglia.

Questo diventa ancora più importante quando le difficoltà superano il limite della tolleranza soggettiva e rischiano di produrre un cambiamento negativo duraturo nella salute della mamma come individuo e anche nelle risorse che può impiegare nell’accudimento.

Mamma esaurita: sintomi che vede lei, sintomi che vedono gli altri

Qualsiasi mamma può sentire il distacco emotivo dai figli, ma ha senso pensare che sia esaurita se fa fatica a “tornare a riva”, cioè a ritrovare il contatto emotivo con il figlio e con gli altri in generale.

In alcune di queste situazioni è come se si rompesse un equilibrio e quella mamma entrasse in uno stato di allarme: “Devo evitare il contatto con una situazione emotivamente così carica da essere capace di usurarmi, di farmi male“. È come se una persona che si sente così avesse bisogno di spegnersi.

Non è detto che se ne accorga, oltretutto: è probabile che una mamma che sente che il contatto con il figlio la fa stare male non accetti facilmente il distacco emotivo da quello stesso figlio che sente il dovere di accudire. Di conseguenza, la mente può suggerirle di prendere le distanze di sicurezza da un lato e, contemporaneamente, può non registrare questa necessità, per evitare un conflitto esplicito fra doveri e bisogni emotivi.

È importante che le persone attorno a lei siano recettive, soprattutto allo scopo di aiutarla a cercare aiuto. Gli altri potrebbero aiutarla ad accorgersi di segnali visibili di questo esaurimento, come una globale mancanza di piacere nel passare il tempo con i figli, tentativi di rinviare il più possibile alcuni impegni che riguardano i figli (visita pediatrica, bagnetti, etc.) o strategie di compensazione emotiva come mangiare più del solito o bere più alcolici.

Quindi, per riassumere: i principali sintomi di esaurimento vanno cercati nella

  • sensazione di aver esaurito le risorse da dedicare ai figli,
  • la sensazione mortificante di non essere capace di fare efficacemente il genitore
  • e un conseguente disinvestimento autoprotettivo, messo in atto inconsapevolmente e automaticamente allo scopo di proteggersi il più possibile dalle sensazioni di esaurimento e mortificazione che si provano.

Mamma esaurita: perché?

Pensare a se stessa come “mamma esaurita” rischia di essere difficile da accettare per una donna, per diverse ragioni come il senso di colpa nei confronti dei figli, la vergogna e l’obbligo sociale e familiare di adempiere al proprio ruolo di madre.

Sostanzialmente, si fa fatica a concedersi di pensare che si avrebbe volentieri evitato di vivere questo tipo di situazione, se fosse stato possibile.

Non si riesce a pensare poi così facilmente al fatto che prestare accudimento ad un’altra persona è di per sé un’attività stressante. (La letteretura scientifica suggerisce un’associazione fra accudimento e sintomi depressivi e sintomi ansiosi, ad esempio).

In modo simile, si rischi di sottovalutare il ruolo che le specifiche caratteristiche e difficoltà di un figlio hanno nel sollecitare un carico aggiuntivo di elaborazione psicologica.

Ad esempio, un adolescente che va male a scuola può obbligare una mamma a pensare alla propria carriera scolastica. Essere stati a propria volta cattivi studenti, aver studiato controvoglia o aver avuto dei genitori particolarmente concentrati sul successo scolastico dei figli può attivare varie forme di ansia legata ai voti del figlio.

Si rischia di sentirsi genitori fallimentari, se il ragazzo non ha un buon rendimento scolastico?
Si rischia di attribuirsene interamente la colpa? Si rischia di deteriorare il rapporto con lui?

Rischia di avvenire qualcosa di simile quando a risultare difficili da elaborare sono il comportamento o altri aspetti simili del figlio.

Ad esempio, il comportamento particolarmente provocatorio di un ragazzo o suoi comportamenti rischiosi possono portare a reagire con rabbia o ansia intense.

Di nuovo, questo può mettere a dura prova una mamma che si senta improvvisamente sommersa dai dubbi sulle proprie competenze educative o, addirittura, sulla propria capacità di stabilire una buona condivisione emotiva con il figlio.

Ad esempio, in alcuni casi in cui l’aggressività è in primo piano (particolarmente frequenti nei conflitti fra madre e figlio maschio) c’è il rischio di ridurre tutta la questione all’idea di essere una mamma incapace di educare, guidare, controllare o anche calmare il figlio.

Anche qui diventa importante distinguere se ci si trova davanti alle normali montagne russe dei rapporti con un adolescente, ad esempio, oppure ad una mancata sintonizzazione fra persone che hanno bisogni emotivi che non riescono ad incontrarsi.

Questo diventa molto difficile da capire, se le forze a propria disposizione sono terminate.

Mamma esaurita: riprendersi

E cosa bisogna fare, quando queste energie sono terminate?
Partendo da una banalità, che però è importante, direi che bisogna evitare soprattutto di farsene una colpa. Il che non vuol dire tirare i remi in barca e disinteressarsi di quello che sta succedendo in casa.
Stiamo parlando delle dinamiche che si creano fra le persone più importanti della propria vita: figli, partner, familiari.

Il fatto che si pensi a come far funzionare le cose, però, non può trasformarsi in un’autocolpevolizzazione senza fine.
Anzi, questa forma di esaurimento ha molto a che vedere con un’eccessiva assunzione di responsabilità, un’assunzione di responsabilità così smisurata da essere controproducente.

Una cosa che accade di frequente alle mamme che vivono situazioni simili, ad esempio, è quella di non riuscire ad attribuire un po’ di questa responsabilità al figlio.

Questo significa dare la colpa a lui? Significa dire che è cattivo?
No, non è questo il senso. Si tratta di riconoscere che ciascuno ha bisogni e difetti diversi e che esprime queste cose in modo diverso.

Molti degli interventi di sostegno ai genitori di cui mi occupo o delle psicoterapie di persone in cui i rapporti con i figli hanno un ruolo centrale (cosa che, ovviamente, è molto frequente) hanno a che vedere con questo. Se si è molto assorbiti dalle proprie mancanze, cioè, è difficile vedere le mancanze dell’altro o anche solo il fatto che l’altro in questione è, ad esempio, un bambino o un ragazzo facilmente irritabile, quindi non è facile averci a che fare.

Aiutare qualcuno che si trova incastrato in una situazione del genere significa aiutarlo a leggere meglio le richieste emotive del figlio e aiutarlo a pretendere da lui che esprima i propri bisogni in modo da potersi ragionevolmente aspettare di essere soddisfatto (cosa che è molto più difficile, se ci si comporta da tiranni, ad esempio). Per una mamma questo dialogo con un figlio diventa più accessibile quando si è più in grado di dare importanza all’ascolto di sé.

È l’ascolto della paura di essere un fallimento come madre, del senso di colpa di venire meno al proprio ruolo e, paradossalmente, accorgersi di non aver dato abbastanza importanza alla cura di sé a permettere di prendere delle contromisure a permettere di ristabilire una buona sintonizzazione emotiva con i figli.

Prima di tutto, perché se si è esaurite, è probabile che i figli lo intuiscano, si allarmino e cerchino un modo ancora più insistente per recuperare il contatto con la mamma.

Soprattutto: occuparsi di sé non è qualcosa che depriva gli altri di attenzione e cure. Nel momento in cui si è, o si torna ad essere, capaci di dare la giusta attenzione a se stessi, la propria presenza diventa più nutriente per gli altri. E poi, si investono meno energie nel tentativo di rassicurarsi sul fatto di essere sufficientemente bravi.