Odio verso se stessi: quando la rabbia verso di sé impedisce di essere felice

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Se si sente di avere un problema con se stessi, bisogna tenere prima di tutto a mente che tutti gli esseri umani devono sperimentare la capacità di odiare se stessi.

Odio verso se stessi: quando è troppo

In alcune persone, però, quella che normalmente è una competenza, la capacità di sperimentare e tollerare una certa quantità di odio verso se stessi, diventa invece un ostacolo.

Si impara ad odiare se stessi quando ci si rende conto di essere in relazione con altri esseri umani, sostanzialmente. Questo accade sia quando lo si impara durante il proprio sviluppo, cioè da bambini, sia quando, da adulti, si pensa di aver fatto qualcosa di cui ci si pente nei confronti di qualcuno a cui si attribuisce valore.

L’odio per se stessi è un sentimento strettamente legato al senso di colpa, che è la punizione che si dà a se stessi quando si ha un intenso bisogno di preservare il rapporto con qualcuno che si prende carico delle nostre esigenze emotive.

Chiaramente, tutto questo ha una grande intensità quando si è piccoli e si ha un bisogno vitale delle cure degli adulti che si occupano dei bisogni del bambino.

Parallelamente a quest’utile attenzione al benessere altrui, in un bambino si sviluppa un senso di importanza personale che, almeno inizialmente, è fragile. Rischia cioè di essere messo in crisi costantemente proprio dall’incapacità materiale di badare a se stessi.

Per sentirsi sereno e competente, cioè, un bambino non deve scontrarsi con troppe occasioni in cui rischiare di provare sensi di colpa; insomma, le persone intorno a lui devono aiutarlo a pensare di essere amato e di potersi sentire buono per la maggior parte del tempo. Garantendogli di poter pensare a se stesso in un modo globalmente positivo, gli si garantisce di non doversi preoccupare troppo del proprio
valore personale, perché può darlo per scontato
.

Odio verso se stessi: quando la rabbia verso se stessi diventa patologica

Questa capacità di oscillare fra odio di se stessi e un senso sufficientemente solido di fiducia nel proprio valore, si sviluppa proprio durante l’infanzia. Il suo scopo è anche quello di fornire all’individuo dei modelli per fare previsioni sul mondo, una volta cresciuti.


Ad esempio, permette di mettersi al riparo da situazioni che non ci si sente in grado di affrontare, cioè di riconoscere gli indizi che possono suggerire che una certa situazione potrebbe essere avvertita come mortificante.
“Non mi va di andare al mare perché gli altri mi troverebbero brutto.”

[L’insicurezza verso il corpo diventa spesso occasione di espressione di dubbi sul proprio valore, come nell’esempio.]

Esistono, poi, diverse espressioni patologiche dell’odio verso se stessi.

Rabbia verso di sé e depressione

Un primo, diffuso esempio di modelli patologici di odio per se stessi è quello legato alla sensazione che i rapporti con le persone affettivamente importanti siano molto fragili e che si sarebbe pronti ad ogni sacrificio pur di conservarli.

Questo atteggiamento è tipico delle persone depresse, che non possono permettersi di manifestare apertamente sentimenti rabbiosi per paura di demolire i propri rapporti. Chi si sente così si trova costantemente a dover fronteggiare significativi sentimenti di colpa.

Delusione e autostima

Un altro esempio importante è quello delle persone che avvertono il bisogno di confermare costantemente un’immagine positiva, anzi, straordinaria di sé attraverso traguardi e riconoscimenti.
L’obiettivo è quello di consolidare un’opinione sufficientemente positiva di sé che, però, sembra continuare a risultare irraggiungibile.

Chi si sente così, ed è quindi caratterizzato da una bassa autostima, rischia di avvertire i propri inevitabili, umani difetti come imperdonabili. Si rischia, quindi, di cadere presto vittima di sentimenti di vergogna e disprezzo per se stessi: sostanzialmente si diventa intransigenti nei confronti dell’idea di non essere perfetti.

Bisogni specifici e diverse forme di odio di sé

Questo è un sentimento diverso da quello di una persona depressa che si rimprovera di essere cattiva. Una persona con autostima scarsa si rimprovera prevalentemente di avere dentro di sé cose che disgusterebbero gli altri, non che li danneggerebbero.

Fare attenzione a queste distinzioni è importante perché persone che odiano se stesse in modo diverso hanno bisogno di cose diverse: una persona depressa ha bisogno di considerarsi meritevole di amore quanto lo sono gli altri e di pensare che proprio odio non distruggerà le persone a cui si è legati.

Una persona con una scarsa autostima, invece, ha bisogno di acquisire tolleranza per proprie parti
svalutate, difetti, problemi e memorie di errori passati.

Entrambe queste persone hanno bisogno, in senso più ampio, di ripristinare una salutare oscillazione fra odio e amore di se stessi.

Davanti a queste due inevitabili esperienze umane, difatti, bisognerebbe attendersi un normale, dinamico scambio

  • che permetta di non amarsi così tanto da avere una visione irrealistica di sé
  • ma anche di non odiarsi così tanto da creare dolore che comprometta ogni propria iniziativa.

L’odio di sé, per chi ne soffre, è cosa molto seria e deve invece poter tornare un gioco, una sorta di scappellotto che ogni tanto ci si dà per allenare la propria resistenza emotiva.
A volte, è chiaro, i casi della vita possono imporre di dare all’odio per se stessi la forma di un doloroso rimpianto. L’importante è che non diventi mai così doloroso da tingere di nero l’intera visione di sé.