Vergogna del proprio corpo: cosa ci vuole per smettere di vergognarsi

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Vergognarsi del proprio corpo è qualcosa di particolarmente doloroso, anche solo per il fatto che il corpo è qualcosa di difficile da mettere da parte. È difficile dimenticarsene anche solo temporaneamente, per concentrarsi su qualcos’altro.

Il corpo è me.

Sicuramente vero, ma per la maggior parte delle persone questa sensazione è almeno un po’ sfumata. Si riesce cioè a pensare anche di essere qualcosa di più del proprio corpo.

Vergognarsi del proprio corpo

Chi si vergogna intensamente del proprio corpo tende ad identificarsi in modo profondo con il proprio corpo, tanto da attribuirgli il compito di gestire problematiche di natura emotiva.

Il fatto di

  • soffrire per come è fatto il proprio corpo
  • e soffrire per il fatto che tale corpo impedisce, ad esempio, di sentirsi desiderati dagli altri

sono idee accomunate da una considerazione: “chi rifiuta il mio corpo rifiuta me“.

Da un certo punto di vista il fatto che la critica provenga da altri o da se stessi è secondario.

L’opinione critica che viene espressa sul corpo viene vissuta come un’attribuzione di valore personale.

Quando per una persona il proprio corpo è un argomento particolarmente sensibile, è come se il fattore-corpo fosse particolarmente pesante nella valutazione globale di sé.

L’aspetto più importante da sottolineare di questa situazione è che l’attribuzione di un valore emotivo così profondo al proprio corpo rende più difficile valutarlo in modo oggettivo.

Vergogna del proprio corpo: mancanza di controllo

Tutto quello che riguarda il proprio aspetto è spesso percepito come qualcosa che è particolarmente fuori controllo.

La bellezza, caratteristiche come l’altezza o il peso, l’aspetto di determinate parti a cui si dà particolare valore (o perché sono particolarmente esposte, come il naso, o perché particolarmente investite, come i genitali) sono cose che assumono un valore positivo o negativo soprattutto sulla base dell’importanza che viene accordata loro.

Avere qualcosa di brutto o di criticabile non è male di per sé, ma lo diventa soprattutto in quanto diventa la tela perfetta su cui dipingere la storia delle proprie insicurezze.

Il dispiacere per un difetto può essere fortemente esasperato, se non si ha una stima di sé sufficientemente elevata).

Se dentro di sé si ha già una storia di mortificazioni e delusioni, se si ha già dentro un’idea negativa di sé, c’è il rischio di usare i difetti del proprio corpo come delle conferme di questa idea negativa.

Come dire che chi si vive come una brutta persona rischia di sentire che questa bruttezza trapela attraverso il corpo. Anzi, sarà più facile trovarsi dei difetti se dentro di sé si dà per scontato, se ci si aspetta che quella bruttezza trapelerà.

Questo accade quando si investe inconsapevolmente il corpo del compito di gestire problematiche di natura emotiva.

Lamentarsi del corpo serve a lamentarsi di se stessi, ma in un formato più tollerabile e comprensibile.

E serve, inoltre, a sentire una maggior padronanza della propria immagine di sé: è spesso meno doloroso pensare che senza una specifica caratteristica fisica si potrebbe essere soddisfatti di se stessi che pensare a se stessi come a persone di cui si è insoddisfatti e che non è possibile stimare.

L’idea del difetto, indipendentemente da quanto sia possibile correggerlo e crei sofferenza, serve anche ad offrire la possibilità di sentirsi buoni e desiderabili: “Sarei bello o perlomeno normale se non avessi alcuni difetti“.

Serve a rappresentarsi delle condizioni per riuscire ad avere stima e rispetto di sé, cosa che è molto più difficile da fare su un piano puramente psicologico.

[L’allenamento in palestra, ad esempio, può essere utilizzato proprio allo scopo di ottenere un’immagine più positiva di sé; può anche, però, trasformarsi in un’ossessione per la palestra che trasforma rigidamente l’esercizio fisico nell’unico possibile lasciapassare per incrementare la propria autostima.]

Come non vergognarsi del proprio corpo?

Il lavoro psicologico con chi si vergogna del proprio aspetto consiste nel permettere alla mente di una persona di tornare a prendersi cura di difficoltà che prima aveva dato da gestire al corpo.

Tollerare il proprio corpo, se non riaffezionarsi al corpo, è cioè qualcosa che avviene attraverso una più ampia tolleranza di sé come persona. Una volta che la mente diventa capace di tollerare gli aspetti che non tollera di sé, inizia cioè a trattare con più riguardo anche il corpo.

Dicendo questo non voglio di certo sminuire il peso della dimensione più concreta di questo discorso.

Ciascuno avverte la dimensione fisica del corpo come più o meno importante. Ad esempio può essere fondamentale per alcune persone, come atleti e ballerini, e meno per altri, come chi può trascurarlo o strapazzarlo perché lavora in un negozio o sovrainveste di importanza la propria intelligenza.

Quello che è importante sottolineare è che solo quando si riesce a liberare il corpo dal carico di rappresentare in via quasi esclusiva le proprie difficoltà di natura emotiva che si torna veramente padroni delle proprie emozioni. L’attenzione alla propria dimensione corporea, quando non viene costretta ad svolgere solo il ruolo di tutore della propria autostima, può tornare una strada come altre di conoscere se stessi e di rappresentarsi a se stessi e agli altri.

Insomma, non si tratta di far diventare il corpo meno importante, ma di imparare a creare le condizioni per collaborare con lui, un po’ come se fosse una cosa diversa da sé.