Bassa autostima e ansia

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Bassa autostima e ansia: cosa significa questo malessere?

Bassa autostima e ansia sono due cose collegate.
Sia nel senso che la bassa autostima può creare ansia, sia nel senso che se si ha un’immagine di sé di persona ansiosa questa può diventare una fonte di mortificazione.

Il collegamento fra le due entità è più solido e significativo nel primo caso, però, cioè quando è la bassa autostima ad essere all’origine dell’ansia.
Prima di tutto, quindi, è utile chiarirsi le idee su come si crea una situazione di bassa autostima.

L’autostima è qualcosa che si costruisce negli anni, soprattutto quando si è bambini e si imparano ad associare ai propri pensieri, azioni e caratteristiche personali delle qualità emotive sufficientemente positive.
È quasi come se l’autostima si accumulasse negli anni: da adulti si ha a disposizione una sorta di serbatoio dell’autostima.
La domanda più importante che ci si possa fare a proposito di questo serbatoio è: “regge?”.

Ecco, il punto è proprio che non sempre regge.

Le persone che hanno una bassa autostima è come se avessero un serbatoio che perde.

E come si verifica una situazione del genere? Il livello di autostima che ciascuno di noi ha a disposizione deriva, da un punto di vista psicologico, dalle situazioni in cui altre persone ci hanno fatto sentire forti, solidi, fieri.

L’autostima è qualcosa che si forma soprattutto durante gli anni dello sviluppo proprio perché le persone a cui riconosciamo un ruolo di accudimento nei nostri confronti (in primis mamma e papà, ovviamente) hanno molto più potere nel determinare le sensazioni che proviamo.
Questo accade perché, soprattutto quando siamo nuovi al mondo, abbiamo bisogno di un esperto a cui affidarci per orientarci rispetto all’esterno e rispetto a noi stessi.

Riempirsi di autostima

Insomma, mentre da piccoli impariamo nuove competenze, impariamo anche ad avere un’opinione su noi stessi.

Di solito questo accade quando si ha vicino la presenza di qualcuno di importante che ci incoraggia e sostiene, come una mamma che quando facciamo una bella torre di Lego (e miglioriamo le nostre abilità motorie e competenze spaziali, ad esempio,) dica:

<<Che bravo che sei! Sei l’amore della mamma!>>

Questo tipo di commenti è all’ordine del giorno, non c’è niente di più normale.

Sono proprio queste le esperienze che, accumulandosi, riempiono il serbatoio della propria autostima.

Il processo continua anche da adulti ma l’esperienza che si acquisisce da adulti ha un peso diverso.

Tutto quello che è successo durante gli anni dello sviluppo funziona come una sorta di premessa: è la chiave in cui interpretiamo il mondo.  L’esperienza fatta da bambini si trasforma, una volta che siamo adulti, in un bagaglio di immagini, idee, regole e modelli di funzionamento secondo cui comprendiamo, interpretiamo e anticipiamo il mondo.

Sono utili e anche necessari: ci permettono di orientarci in un mondo che altrimenti sarebbe sempre nuovo.

A volte, però, hanno un prezzo significativo: le persone che soffrono di una bassa autostima hanno assunto come regola fondamentale del funzionamento del loro mondo il fatto che se non stanno attenti rischiano di perdere la faccia.

O meglio: questo è quello che provano.

Immaginiamo che, mentre si costruisce la torre di Lego di prima, compaia un padre che dice sarcastico:

<<Proprio bravo, un ingegnere.>>

oppure

<<Non sarà mica difficile mettere in piedi quella cosa là, è un gioco.>>

Immaginiamo che non si tratti di un piccolo inciampo, di una giornata in cui quel papà era particolarmente stanco e cinico, ma che si tratti di un evento ripetuto.

Quel bambino, crescendo, porterà su di sé le tracce di quei commenti. Quando penserà a sé, si attiveranno tutte quelle strutture mentali che gli sono state fornite dalle persone importanti della sua vita, anche i commenti sarcastici e squalificanti.

Questo vuol dire che non sarà certo che quei commenti avranno il potere assoluto di demolire la sua autostima, ma che entreranno sicuramente in gioco e dovranno scontrarsi con altre esperienze di vita significative e con la natura, il carattere costituzionale di quella persona.
Di solito gli episodi spiacevoli sono sempre mescolati ad altri più positivi e nella maggior parte dei casi si riesce a creare un’immagine di sé sufficientemente positiva.

Ci sono delle persone, però, per cui non è così: i commenti negativi sono diventati centrali nella loro esperienza di vita.

Sconfitti dall’ansia

Tutti gli amici che provano a rassicurarli sul loro valore generalmente falliscono.

Quando riescono ad avere successo, quando provano ad appigliarsi a ricordi positivi, non basta.

<<Ma se sei così brava!>>
<<Ma se fai mille cose!>>

Non è niente di che, chi mi fa dei complimenti si sbaglia”. “Non faccio niente di veramente importante”.

Il dubbio è sempre presente. L’automortificazione. Lo svilimento. La paura che gli altri se ne accorgano, che si accorgano di essere davanti ad una persona che non vale nulla.

Ci sono dei momenti della vita in cui tutte queste paure saltano fuori, mentre generalmente rimangono private, quasi sepolte. All’esterno si vede una persona un po’ riservata, magari che tiene gli altri ad una certa distanza.

Queste dolorose immagini di sé esplodono con violenza quando qualche situazione della vita mette chi ha una bassa autostima davanti ad una sorta di resa dei conti con se stesso.

Molto spesso la scarsa autostima si manifesta nella relazioni: è frequente che una situazione di mancanza di autostima in amore si trasforma in un’occasione di crisi. L’insicurezza e l’insoddisfazione portano a frequenti rotture e, soprattutto, alla convinzione sempre più forte di non essere destinati a trovare qualcuno con cui passare la vita.

La fine di una relazione espone chi ha una scarsa autostima non solo al dolore della perdita del rapporto, ma al rischio di sentirsi incapaci, inutili, indesiderabili, falliti. Davanti al confronto con sé stesso, chi ha una autostima povera è estremamente severo.

Questo non avviene solo in occasione della rottura di una relazione: basta una situazione emotivamente intensa vissuta come un fallimento. Un rallentamento o anche un successo sul lavoro.

È facile intuire come uno stress così forte in una delle aree più importanti della propria vita possa portare ad delle crisi.

È questo il campo in cui entra in gioco l’ansia.

L’ansia è uno strumento che mette a conoscenza dei pericoli (funzione segnale dell’ansia), anticipandoli in modo da permetterci di prendere delle contromisure. Oltre ad una certa soglia, diventa disfunzionale (accessi d’ansia, attacchi di panico).

Una crisi sentimentale, un fallimento sul lavoro possono creare una situazione di ansia esplosiva in una persona con una bassa autostima. Non solo si sta male per quello che è successo, ma il malessere parte soprattutto dall’interno: l’ansia dipende dall’anticipazione dell’umiliazione e della vergogna che si temono di provare.

Quando l’ansia è legata all’autostima, è una sorta di contromisura. Nelle situazioni, più o meno facili da identificare, in cui possono emergere emozioni negative ed un’immagine mortificante di sé, emerge l’ansia, come a segnalare:

<<Qui rischi di stare male. Rischia di succedere qualcosa di brutto.

Evita questa situazione, falla smettere!>>

Passato il momento in cui l’ansia è più acuta, non capita di rado che chi soffre di una scarsa autostima avverta questa sofferenza come una propria mancanza, in un circolo vizioso che aggiungere sofferenza alla sofferenza.

Autoaccusa pericolosa, perché rischia di far allontanare ulteriormente la mente da quello di cui avrebbe bisogno: avvicinarsi con tatto a quelle parti di sé di cui si ha così ribrezzo e iniziare ad investirle di uno sguardo più benevolo.

Insomma, non si tratta di trovare un modo di soffocare l’ansia, ma di toglierle il carburante ricostruendo un’autostima sufficientemente buona. Sopportando l’idea di non essere allarmati davanti all’immagine dolorosa di quelle che si considerano delle parti inaccettabili di sé.