Cosa dire ad un figlio che fuma

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[Questo articolo riguarda il fumo di sigaretta. Ho scritto un articolo diverso a proposito della cannabis].

La questione del fumo di sigaretta (tradizionale, elettronica, etc.) in adolescenza può sembrare persino banale.
Alcune persone la avvertono come una delle normali sperimentazioni, più o meno transitorie e in definitiva non troppo pericolose dell’adolescenza e non curarsene molto. Per altre persone, invece, sono di primaria importanza la violazione dell’invito a non fumare rivolto dai genitori e l’attenzione ai danni certi sulla salute.

Ecco, direi che proprio il fatto che sia una cosa un po’ banale, il fatto che si tratti di un fenomeno frequente fa sì che meriti attenzione, perché può insegnare cose importanti sul modo di stare al mondo degli adolescenti.

Nessun allarmismo, però: non intendo di certo dire che si tratta di una questione che deve spingere per forza a profonde riflessioni. Le profonde riflessioni è utile farle quando sono necessarie, ad esempio quando si ha la sensazione che il comportamento dell’adolescente sia fuori controllo e che il fumo sia solo l’ennesima azione usata per provocare l’ostilità dei genitori e per accaparrarsi a tutti i costi la sicurezza di essere grande.

Insomma, penso che valga la pena di cogliere l’occasione di soffermarsi su un passaggio della vita adolescenziale che è importante anche solo perché può fornire un’occasione per comprendere meglio com’è fatto quel ragazzo e come funziona il rapporto con lui.

Ho scoperto che mio figlio fuma: cosa pensare? Cosa dire a un figlio che fuma?

Quando si scopre che un ragazzo fuma è normale avere reazioni molto diverse che dipendono dalla propria sensibilità.

Similmente a quanto scrivevo poco sopra, alcuni genitori trattano l’evento come una normale esplorazione o, tutt’al più, una ragazzata e non se ne curano particolarmente.

Altri, invece, si sentono in dovere di intervenire in vario modo: rimproverando, punendo oppure anche provando a trasmettere tutto l’allarme che provano a proposito dei rischi per la salute.

Qui iniziano le difficoltà e anche le cose più interessanti. Cioè, chiudere la faccenda dicendo che “ciascuno reagisce a proprio modo e basta così”, non porta a molto. Non è nemmeno possibile pensare di poter eleggere la risposta migliore delle altre in assoluto.

Tutto questo dipende dal fatto che le diverse reazioni legate alla scoperta del fatto che un figlio adolescente fuma sono in parte legate alla personalità e alla situazione di vita dell’adolescente, in parte alla personalità e alle situazioni di vita dei genitori che intervengono.

Ad esempio, può avere particolarmente senso sentirsi coinvolti e fare attenzione a come agire quando un ragazzo continua a spargere piccoli segnali di ostinata conflittualità che vanno raccolti

  • o perché comunicano un disagio che il ragazzo non sa gestire
  • o perché vengono sparsi proprio allo scopo di essere raccolti dai genitori, allo scopo di osservare le loro reazioni.

Insomma, quelle infrazioni potrebbero comunicare la necessità di trovare (anche) nello scontro con i genitori il proprio posto nel mondo.


[Ho scritto uno specifico articolo su questi scontri fra genitori e adolescente]

In altre situazioni, al contrario, può prevalere una censura interna che è già presente dentro a quei ragazzi che si sentono forti della loro indifferenza di fronte a quelle che considerano cattive abitudini della maggior parte dei loro coetanei, salvo poi farsi trascinare pressappoco come loro. Si presentano come moralmente superiori ma poi cedono, insomma.

In questi ultimi casi non è quasi meglio vedere che anche in un ragazzo così c’è la capacità di vincere le proprie paure e inibizioni? Certo, se lo facesse solo con le sigarette non sarebbe un gran traguardo, ma in verità, nella maggior parte dei casi, prendersi un po’ di libertà sopportando un po’ del senso di colpa dovuto alla consapevolezza del fatto di fare qualcosa che si percepisce come sbagliato può essere una sorta di allenamento all’assunzione di rischi. E quello, nella vita è in qualche misura necessario saperlo fare.

Riducendo il discorso all’osso: è sicuramente utile che alcuni ragazzi imparino a trattenersi dal fare tutto quello che passa loro per la testa, mentre per altri è più utile imparare a concedersi un po’ di disinibizione.

Quindi come scegliere cosa dire ad un figlio che fuma?

Fatte queste considerazioni, bisogna dire che scegliere come reagire davanti ad uno specifico adolescente può non essere semplicissimo.

Già il fatto di porsi la domanda, però di non essere sicuri di sapere cosa dire può essere un buon antidoto davanti al più grosso dei rischi che si potrebbe correre: quello di essere così dominati dalle proprie emozioni da non riuscire a leggere nel modo più ricco possibile le intenzioni di quell’adolescente.

Se si è troppo preoccupati o troppo arrabbiati si rischia di avere una visione di quel ragazzo che è particolarmente influenzata da quello che si prova, sia che questi sentimenti dipendano dal rapporto che si ha con lui sia che dipendano da un eventuale periodo stressante.

Ciascun genitore anche solo minimamente autocritico ha sperimentato la spiacevole sensazione di volersi mordere la lingua dopo essersi accorto di aver male interpretato qualcosa delle azioni del figlio o perché normalmente se lo si rimprovera è perché si ha ragione a pensare che ne abbia combinata una o anche perché in quel periodo si è così presi da qualche preoccupazione che non ci si accorge di “saltare” alla prima avvisaglia di un nuovo problema.

Un’altra cosa da prendere in considerazione e che rischia di sfuggire e che si tratta del tipo di questioni davanti alle quali si potrebbe diventare meno capaci di leggere la realtà se di mezzo c’è qualcosa che fatichiamo a tollerare.

Ad esempio, spesso si fa fatica a decidere quale sia il grado di autonomia adeguato alla sua età. Insomma, già è parte del naturale corso degli eventi essere almeno un po’ spaventati dal fatto che cresca e che si esponga ai pericoli del mondo e questa paura in alcuni casi può venire accentuata dal percorso di vita di una specifica famiglia. Basta pensare, ad esempio, a quanto più alta possa essere la percezione di rischio per chi ha un figlio che in passatoha avuto qualche significativo problema di salute.

[Ho scritto alcuni articoli sui sentimenti dei genitori, come l’ansia materna, l’ansia legata ai voti scolastici, la rabbia verso i figli e l’ansia legata alla crescita dei figli]

Come dicevo, queste preoccupazioni possono rendere difficile la lettura delle azioni del ragazzo, che può essere alla ricerca di un’autonomia in modo più o meno affannoso, può sentire il bisogno di dimostrare a se stesso di essere capace di trasgredire alle indicazioni dei genitori e della società oppure può essere guidato dal comunissimo bisogno di appartenenza ad un gruppo di coetanei a cui desidera sentirsi simile per riceverne il sostegno.

Come è noto, il comportamento dei ragazzi può essere spesso provocatorio o particolarmente intenso durante l’adolescenza; quindi, può essere importante cogliere il più liberamente possibile se sta facendo degli esperimenti sulla propria pelle e con la pazienza dei genitori o se si sente effettivamente in difficoltà e manda indirette richieste di aiuto, magari proprio in quanto non si sente poi così capace di crescere.
[Qui torniamo al già citato tema dei problemi comportamentali].

Come convincere un ragazzo a non fumare?

Quindi, in definitiva la domanda “Cosa dovrebbero fare i genitori di un ragazzo che fuma?” rimane ancora aperta.

Abbiamo visto che può venire spontaneo reagire con atteggiamenti molto diversi e che questi atteggiamenti sono influenzati dalla personalità dei genitori e da quella dell’adolescente di cui si sta tentando di comprendere le motivazioni e a cui si sta cercando di indirizzare una risposta educativa.

Per dare una risposta alla nostra domanda, bisogna prendere in considerazione il fatto che la vera partita si gioca al momento dell’incontro di queste diverse personalità.

Questo è molto importante in quanto una qualsiasi atteggiamento e comportamento hanno solo un determinato grado di compatibilità con la persona a cui sono rivolti.

In breve: qualsiasi cosa che diciamo può essere rifiutata o accettata dalla persona a cui la diciamo e questo dipende dall’intreccio dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni con i suoi pensieri e la sua sensibilità.

È cioè impossibile dire in termini assoluti in quale misura sia corretto essere restrittivi o tolleranti.

Si può solo parlare del dosaggio corretto per un determinato ragazzo in una determinata situazione di vita. A quali argomentazioni è sensibile? Cosa lo tocca? Cosa lo persuade? Cosa gli permette di ascoltare e di non sentirsi per questo meno libero di prima?

Qual è l’obiettivo della nostra comunicazione poi? Che smetta? Farsi ascoltare? Farlo riflettere?

Fare attenzione alle distorsioni in cui possiamo incorrere nelle nostre comunicazioni serve ad avere un po’ di controllo in più sul messaggio che mandiamo.

Tenendo in mente, tra l’altro, che nella maggior parte dei casi ci si trova a scegliere istintivamente cosa dire, sulla base dell’immagine di una persona e di una situazione che abbiamo nella mente senza rendercene conto fino a che non siamo obbligati a prestarci attenzione.

La maggior parte delle interazioni umane sono così, anche la psicoterapia: si parla lasciandosi trasportare dall’immagine inconsapevole che si ha dell’altro. Più ci si sforza di fare attenzione agli ostacoli che rendono difficile vedere come è fatto e, contemporaneamente, come si è fatti, più è probabile che le cose vadano lisce.

In definitiva: cosa dire a un figlio che fuma?

Qui il bello è che, a ben vedere, i genitori di solito indovinano le risposte corrette in modo spontaneo. D’altra parte, solitamente si è attenti alle persone a cui si vuole bene e si tenta di preservare il rapporto con loro: il mondo non andrebbe avanti se ogni interazione con i figli dovesse essere il prodotto di un accurato studio strategico.

Ci si trova, giustamente, a pensare di più ad eventi come un adolescente che fuma perché tendono a mettere in scacco la propria capacità di agire in modo spontaneo.

Sembrano cose semplici ma sono situazioni che toccano aspetti fondamentali come

  • le proprie paure,
  • l’immedesimazione con lui in quanto alla sua età si è stati protagonisti di episodi simili
  • o la propria comprensione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Tutte cose che sono, più o meno per ciascuno di noi, un po’ delicate e un po’ conflittuali.

Per non parlare poi della paura che si può provare a vedere l’utilizzo che quel ragazzo fa della propria autonomia e che non può che passare per scelte che un adulto tende a percepire come sbagliate o sciocche ma che sono inevitabili tappe della crescita.

Figuriamoci poi quando si ha paura che faccia cose non sicure o addirittura autodistruttive e, dall’altra parte, quell’adolescente ha come unica priorità quella di difendere il proprio senso di autonomia.

Ecco, le uniche parole che hanno qualche speranza di far breccia sono quelle che tengono conto dei bisogni emotivi che quell’adolescente sta tentando di soddisfare, non li minacciano eccessivamente e che gli riconoscono una libertà che, se non viene riconosciuta, rischia di farlo sentire costretto ad estorcerla.

Fortunatamente, rispettata la condizione del rispetto dell’autonomia, solitamente gli adolescenti sono molto più interessati di quello che sembra a registrare le indicazioni su come funziona il mondo che i loro genitori condividono e a farne buon uso.